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La pittura murale esterna nella Valacchia

 

Dr. Florentina Udrea

 

Nell’ambito dell’arte europea dei secoli XVIII–XIX, la pittura murale esterna delle chiese dei Principati Romeni è un fenomeno artistico di indubbia peculiarità. Diversamente dalle tecniche di decorazione molto più note messe in atto in Moldavia nei secc. XV–XVII, le quali hanno determinato l’inserimento di alcune chiese nell’Elenco del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, riconoscimento dovuto alla loro caratteristica iconografia che ricopre la maggior parte delle facciate, i monumenti religiosi della regione di Oltenia, risalenti nei secoli XVIII e XIX, rispecchiano un altro versante dello stesso fenomeno artistico dell’arte costruttiva sacra. Di notevole pregio estetico, la pittura murale delle chiese della regione di Oltenia, dove, nella maggior parte, soltanto alcune zone dei muri esterni sono ricoperte di affreschi, è un amalgama tra lo stile, l’immagine raffigurativa, gli elementi decorativi e il rigore architettonico. Tanti degli antichi affreschi esterni delle chiese di Oltenia sono sopravvissuti alle intemperie e al passare dei secoli. Pur notando che in alcune parti del registro iconografico la pittura ha subito danneggiamenti, essa risulta però ancora complessivamente visibile.

Anche se nel passato si affermò che la pittura murale esterna dei monumenti religiosi della Valacchia fu un fenomeno artistico marginale, con caratteristiche prettamente regionali e d’impronta rustica, l’arte costruttiva sacra e la sua dinamica risalente nei secoli XVIII–XIX affascinano e continuano ad impressionare per la genuinità e la vivacità iconografica. Questa pittura murale conserva il filone estetico della tradizione bizantina, che si nota pienamente nell’arte medievale romena e generalmente in quella dell’intera area balcanica. Nell’antica Valacchia, l’area più ricca di monumenti religiosi decorati con affreschi esterni fu, ed è tuttora, quella di Oltenia (nota anche come Piccola Valacchia durante il Medioevo), dove la maggior parte di tali monumenti religiosi sono ubicati nella zona pedemontana. Un ampio lavoro che analizza il fenomeno della pittura murale esterna nella Valacchia – opera di Andrei Paleolog, La pittura esterna nella Valacchia (secc. XVIIIXIX) – asserisce che all’inizio del XX secolo si conservavano ancora nell’intero principato romeno più di 200 chiese decorate con affreschi esterni, e 145 tra questi monumenti religiosi erano situati nella regione di Oltenia. Nel periodo più recente, stando ad alcune informazioni attendibili, soltanto due terzi di queste chiese sono ancora reperibili, vale a dire circa 80 monumenti religiosi, alcuni purtroppo in un pessimo stato di conservazione. La pittura murale esterna delle chiese valacche è “uno dei capitoli più importanti della storia dell’arte romena”, e gli affreschi che decorano i monumenti religiosi della regione di Oltenia rispecchiano “le peculiarità olteniensi nella cultura romena”. La pittura murale esterna delle chiese dell’Oltenia è un fenomeno artistico peculiare nell’arte tardo–postbizantina. È perciò fortemente necessario l’accurato restauro degli affreschi esterni che arricchiscono le decorazioni murali di alcuni monumenti religiosi della suddetta storica regione della Romania.

Gli inizi dello sviluppo in Valacchia della tecnica decorativa che consiste nell’utilizzo degli affreschi esterni per la decorazione dei muri si verificano nell’epoca delle numerose committenze di Costantino Brâncoveanu (1688-1714). Il suo avvento al trono del principato di Valacchia segnò, alla fine del XVII secolo, la nascita e lo sviluppo di un nuovo stile architettonico, che d’ora in poi sarà noto come “brâncovenesc” o brancovano, espressione del locale rinnovamento architettonico dovuto alla politica edilizia promossa dal principe stesso. Dal punto di vista strutturale, questa tappa, chiamata brancovana, dell’arte romena rappresenta il tramonto dell’espressione classica dell’arte postbizantina nelle terre romene. Nello stile architettonico “brâncovenesc”, le incorniciature delle porte e delle finestre hanno una geometria e una decorazione particolare, che si contraddistingue anche nei massicci pronai delle chiese di committenza brancovana. Questo originale stile architettonico diventa “stile d’impronta nazionale” ed è ritenuto dagli studiosi come “il primo stile propriamente romeno” nella storia dell’architettura di quest’area europea. Lo stile brancovano si sviluppò nell’intera Valacchia e varcò anche i Carpazi, influendo l’architettura di alcune aree meridionali della Transilvania asburgica. La raffinatezza dello stile brancovano è ugualmente dovuta alla predilezione per la decorazione scultorea in pietra bianca, utilizzando motivi ornamentali vegetali–floreali, come foglie e fiori di acanto, di girasole, nonché di fiori primaverili: tulipano, peonia, narciso.

La corte del principe di Valacchia fu il centro di irradiazione di un vero “Rinascimento neobizantino”, poiché Costantino Brâncoveanu si circondò da alcuni dei noti eruditi, stimati e apprezzati nell’intera Europa Orientale: suo zio Costantino Cantacuzeno, il quale aveva intrapreso il suo percorso di studi presso l’Università di Padova; Antim Ivireanul, il dotto metropolita della Valacchia; Hrisant Notaras, il futuro patriarca di Gerusalemme, già precettore dei figli del principe valacco. La più importante committenza del principe Costantino Brâncoveanu, per quanto riguarda gli edifici religiosi, è il Monastero di Hurezi, situato nel distretto di Vâlcea, il più ampio complesso monastico, un imponente monumento dell’arte costruttiva sacra edificato nel periodo 1690-1697. Per la costruzione di questo complesso monastico, ugualmente grandioso e fastoso, il principe Costantino Brâncoveanu affidò i lavori ad alcuni dei più competenti maestri costruttori e ai più rinomati pittori locali: il pittore Costantinos e i suoi discepoli, i quali si guadagnarono la fama di “Scuola di pittura di Hurezi”; i maestri pietrai Vucaşin Caragea e Istrate, i quali svilupparono uno stile decorativo innovativo, genuinamente romeno. Gli affreschi del Monastero di Hurezi sono unici nell’area culturale dell’Europa Orientale, per la mescolanza delle rappresentazioni religiose con scene laiche raffigurate in funzione moralizzatrice. Dopo la tragica scomparsa di Costantino Brâncoveanu, avvenuta nel 1714, lo stile architettonico brancovano proseguirà nell’architettura valacca, notandosi nelle caratteristiche costruttive di altri monumenti religiosi: Monastero Antim, Monastero Văcăreşti, le chiese Stavropoleos e Kretzulescu, tutte errette a Bucarest.

Il XVIII secolo vide la materializzazione più notevole e consistente delle iniziative architettoniche intraprese nel lungo arco di tempo che comprese gli albori, lo sviluppo e il tramonto della cosiddetta antica cultura romena. Questo impegno assai dispendioso indica anche uno sviluppo dell’economia locale, il progredire sociale e la certezza del progresso della società romena. Pur riprendendo alcune tradizioni costruttive carrateristiche dei monumenti religiosi edificati nei secoli precedenti, le chiese erette nel Settecento si contraddistinguono dagli edifici di culto antecedenti per lo stile architettonico, l’iconografia delle decorazioni murali, l’ampiezza, le soluzioni tecniche messe in opera nell’esecuzione dei lavori. I secoli XVIII e XIX sono straordinariamente ricchi di tali costruzioni, che si notano per l’area di sviluppo e la molteplicità dei committenti, rappresentando praticamente un’epoca di fermento artistico il cui epicentro fu proprio la regione di Oltenia. Il ritmo di esecuzione delle nuove costruzioni religiose è rapido anche all’inizio del XIX secolo, nel periodo in cui la dominante nella pittura esterna delle chiese fu la policromia, in tonalità vivaci che rappresentano il marchio artistico della scuola craiovense di decorazione pittorica dei monumenti religiosi. Tra il 1815 e il 1825 furono edificate e decorate con affreschi interni ed esterni numerose chiese. Fu questo un periodo proficuo per i grandi registri decorativi degli affreschi esterni, nell’ambito della modernizzazione della società, dovuti alla committenza degli elementi sociali più dinamici: mercanti, commercianti, piccola nobiltà, professionisti, e membri delle comunità rurali. Gli affreschi esterni delle chiese della regione di Oltenia diventano quindi l’espressione del gusto per la bellezza, per la fastosità, e per gli spettacolari effetti visivi della policromia. Si può, dunque, ritenere che la decorazione pitturale esterna delle chiese costituì una vera e propria tendenza nel periodo menzionato, nonché una modalità di riallacciarsi, in chiave moderna, alle tradizioni artistiche locali. Di pari passo con i motivi decorativi autoctoni, si sviluppò l’utilizzo dei motivi di origine orientale – floreali e vegetali – che integrarono il vasto repertorio artistico, nel rispetto dello stile architettonico locale, concorrendo alla raffinatezza e all’armonia dei monumenti religiosi. La pittura murale che adorna gli esterni delle chiese della regione di Oltenia si sviluppa soprattutto nel registro superiore delle facciate. L’evoluzione della pittura murale esterna nella regione di Oltenia ha registrato i seguenti 3 percorsi, i quali costituiscono altrettante 3 tipologie:

– lo sviluppo degli affreschi sull’intera superficie muraria;

– lo sviluppo limitato degli affreschi, circoscritto al portico;

– lo sviluppo degli affreschi, ampio o limitato, in funzione soprattutto decorativa, carico di medaglioni circolari ritagliati nel muro, raffiguranti i santi padroni del monumento religioso e un’iconografia biblica, tratta ugualmente dall’Antico e dal Nuovo Testamento.

L’edificazione di queste chiese è il risultato dell’attività congiunta di committenti, benefattori, costruttori e pittori–decoratori, tutti quelli che hanno “contribuito, con varie forme di lavoro, senza le quali alcun fondamento” non sarebbe stato possibile. I committenti delle chiese costruite nell’Oltenia provengono da tutte le categorie sociali: sacerdoti, mercanti, commercianti, artigiani, contadini, funzionari statali locali ecc. Contribuire alla costruzione di una chiesa costituiva un atto di orgoglio, di vitalità sociale, e i contadini dell’Oltenia, anche se meno abbienti e influenti rispetto ai boiari, si ritenevano uguali a quest’ultimi per quanto riguardava l’impegno di committente. I committenti sono “quelli che aprono la strada” al progresso sociale, testimoni e partecipi agli eventi del loro tempo, impegnati nel recupero della dignità personale, sociale e infine nazionale. Le varie modalità di raffigurare o semplicemente menzionare i committenti e i benefattori che hanno dato il loro contributo alla fondazione del monumento religioso conferisce alla pittura murale esterna della regione di Oltenia, come pure dell’intero territorio della Valacchia, il valore di fonte storica e architettonica di indispensabile importanza per la migliore conoscenza del passato della società romena.

I ritratti oppure le firme dei pittori dell’Oltenia si preservano ancora su alcune delle facciate delle chiese da loro decorate con affreschi esterni nei secoli XVIII–XIX. Il pittore, artista premoderno, era appagato e orgoglioso soltanto dal riconoscimento pubblico della bellezza e della qualità della sua opera artistica. Così, “Dinu pittore del distretto di Gorj, il Pittore Radu di Târgu Jiu, Oprea pittore di Craiova, Stanciu di Craiova, Manole, Dinu di Craiova e i loro apprendisti Dumitru e Dumitraşcu, Costantino pittore di Zmiorât [Zmeuret], e Ilie pittore di Teiuş” sono i pittori originari dall’Oltenia che si associavano, formando compagnie itineranti, per eseguire lavori che renderanno la loro attività fondamentale per la salvaguardia delle tradizioni artistiche locali, ma anche per la diffusione delle tecniche pittoriche moderne. Il pittore degli affreschi esterni della regione di Oltenia assimilava gli elementi di modernità, con il passare del tempo, e le decorazioni murali che realizzava diventarono sempre più elaborate, esigendo l’aumento delle conoscenze di teologia, storia, filosofia, senza però ignorare la tradizione delle tecniche decorative locali. Fu nella regione di Oltenia che il partenariato tra vari pittori portò all’aggregazione di squadre di artisti che tramandarono da una generazione a quella successiva i loro programmi iconografici e le tecniche di attuazione dei lavori di decorazione murale. Queste squadre formate dai pittori e loro apprendisti lavoravano in determinate aree, costituendo le cosiddette “scuole” locali di pittura decorativa dei monumenti religiosi: la Scuola doljense, che contava tra i suoi esponenti Dinu il pittore “del distretto Gorj”, Oprea pittore “da Craiova”, Stanciu, Manole, Dinu “da Craiova” e i loro apprendisti Dumitru e Dumitraşcu; Giorgio, Bănică e Gregorio – discepoli della “scuola di Manole”; la Scuola gorjeană – Radu “da Târgu Jiu”, Michele il diacono, Costantino, Giovanni Dumitru e Andrei pittori; infine Damasceno pittore, Giovanni e Nicola pittori, il sacerdote–pittore Giovanni, Tudor, Giorgio, Alecse, Nicola, pittori “da Teiuş”; Costantino “pittore da Zmiorât [Zmeuret],”, i fratelli Dozeşti pittori, il diacono Anghel “pittore Dozescu e i suoi apprendisti”. Queste scuole di pittura religiosa hanno quindi consentito non solo una completa manifestazione delle tecniche artistiche, ma anche la ricchezza dei programmi iconografici che valorizzati in chiave moralizzatrice, con impatto emozionale sui fedeli.

Alla luce del contesto culturale di quell’epoca, la pittura religiosa messa in atto alla fine del XVII secolo, e sviluppata successivamente, nel XIX secolo, rappresenta un capitolo importante nella storia dell’antica arte romena. La scomparsa di Costantino Brâncoveanu segnò formalmente il debutto di un nuovo stile architetturale e artistico: lo stile postbrancovano (effettivamente, una sintesi tra l’arte religiosa postbizantina e l’influsso occidentale avvenuto nell’attività edilizia). La pittura murale esterna della regione di Oltenia subì un notevole influsso dovuto alle correnti filosofiche radicate nella società romena, alle idee innovative della elite socio–politica locale, alla circolazione dei modelli di virtù e saggezza esaltati dai romanzi popolari e dai scritti coevi di divulgazione: Esopia (Le Fiabe di Esop), Alixăndria (La Vita di Alessandro Magno), Fisiologo (parabole ambientate nel Regnum Animalis, tratte da un Codice stilato presso il Monastero di Bistriţa dall’eremita Serafino), le Minee del vescovo Chesarie, scritti di carattere religioso con ruolo di divulgazione (I miracoli della Santissima Maria Madre di Dio, La chiave della saggezza, il Fiore delle virtù oppure L’Ape – trascritta da Sava Popovici, originario di Răşinari), la Didaché pubblicata da Antim Ivireanu, le leggende apocrife riguardanti l’Antico e il Nuovo Testamento (il Protovangelo di Giacobbe e il Vangelo di Nicodemo). All’influsso sull’arte decorativa di tutte queste opere, vanno aggiunti temi–concetti come il Thanatos (la prospettiva irrefutabile della morte, resa implacabile dallo scorrere del tempo), la Ruota della vita (simbolo suggestivo del periplo ciclico della vita, della predestinazione dell’uomo), l’Annunciazione del Signore, l’Ingresso della Santissima Madre di Dio nel Tempio, la Santissima Trinità, la Dormizione di Maria Madre di Dio ecc. Il registro iconografico della pittura murale aumentò lentamente, ma inarrestabilmente, ivi essendo integrati temi tratti dalle agiografie e dalla letteratura popolare. L’iconografia del portico e delle facciate esterne della navata sembrano essere, nei secoli XVIII–XIX, privilegiate dal lavoro svolto dai pittori dediti alla decorazione murale dei monumenti religiosi. L’intero repertorio pittorico sviluppato all’esterno delle chiese assume carattere moralizzatore e a volte anche celatamente politico, raffigurando temi come le debolezze e le virtù dell’uomo, essendo un monito per i fedeli, indetto per determinarli di tenersi lontano dalle tentazioni del maligno, dall’imbroglio, dalle invidie, dall’inappetenza per il lavoro ecc. Tutti questi elementi condussero all’elaborazione e alla materializzazione di un nuovo programma iconografico, nonché alla codificazione di un ricco repertorio illustrativo, frutto della libertà di lavoro e della genuinità della composizione pittorica che caratterizzavano l’attività dei pittori decoratori di monumenti di culto della regione di Oltenia. Tuttavia, essi tramandarono anche alcune stereotipie specifiche all’iconografia balcanica postbizantina e brancovana. L’iconografia degli affreschi esterni delle chiese elevate nella regione di Oltenia rappresenta una “lezione” sulla dualità vita–morte, una sintesi tra il senso estetico, intellettuale ed emotivo, derivando da un filone locale di evidente originalità. Il portico, elemento strutturale importante nell’edificio religioso ortodosso, sembra privilegiato dal lavoro di decorazione pittorica, soprattutto nell’Oltenia, dove si nota una particolare attenzione per la sua ornamentazione esterna. I motivi vegetali stilizzati e la decorazione con elementi floreali diventano lussureggianti, il pittore (ugualmente autore e decoratore) puntando sull’effetto visivo che impressionava i fedeli, superando le stereotipie dei tradizionali affreschi di tradizione tardobizantina. La caratteristica fondamentale dell’iconografia degli affreschi esterni delle chiese della regione di Oltenia è l’espressività delle raffigurazioni del registro pittorico.

Le aspirazioni e le mentalità culturali del tempo si rispecchiano nell’iconografia degli affreschi esterni dei monumenti religiosi della regione di Oltenia. Così compaiono nelle pitture murali antichi filosofi, sibille, profeti, martiri, santi militari, scene cinegetiche (caccia/guerra), in altre parole personaggi che realizzano un nesso tra l’Antico e il Nuovo Testamento. Caratteristica fondamentale dell’iconografia degli affreschi esterni delle chiese olteniensi è quindi l’espressività della raffigurazione, l’uso del linguaggio artistico con fini simbolici e comunicativi. Il messaggio trasmesso dalla pittura è arricchito dall’eleganza dello stile, dalle raffigurazioni che rappresentano la manifestazione visiva dell’innovazione dello stile architettonico.

 

 

Personaggi, motivi, temi, raffigurazioni specifiche ai programmi iconografici caratteristiche nella pittura murale esterna dei monumenti religiosi della regione di Oltenia

 

– i Filosofi. Si avverte la predilezione per gli antichi 7 filosofi greci, ma le più note raffigurazioni sui monumenti religiosi sono quelle di Platone, Plutarco, Tucidide, Solone ecc. Si aggiungono quindi i cosiddetti antichi saggi (secondo la classificazione dovuta proprio ai pittori, i quali a tale fine utilizzavano apposite didascalie dipinte sul muro): Aristotele, Sofocle ecc., nonché i Re Magi: Melchiorre, Baldassarre e Gaspare (Târgu-Cărbuneşti, distretto di Gorj). Un caso singolare nell’iconografia postbizantina e balcanica è la raffigurazione negli affreschi esterni di Ippocrate, personaggio emblematico dell’arte medica, insieme con vari filosofi e varie sibille, sulla facciate di numerosi monumenti religiosi conservati nell’area pedemontana dell’Oltenia (le chiese di Păuşeşti–Maglaşi Coastă, Genueni–Frânceşti, ambedue situate nel distretto di Vâlcea; chiesa di Jirov–Corcova, nel distretto di Mehedinţi). “Il Filosofo” raffigurato nel registro iconografico rispecchia l’ambire all’ideale della perfezione dell’uomo, l’aspirazione per la compiutezza morale, per la prevalenza delle virtù a discapito del peccato, e per la tendenza ricorrente di migliorare continuamente.

– le Sibille (donna–vergine, donna–profetessa). Sulle facciate dei monumenti di culto della regione di Oltenia, la raffigurazione del Filosofo fu collegata a quella della Sibilla. Tuttavia, stando alla mentalità coeva, la Sibilla non arriverà mai a contendere il ruolo e il prestigio del filosofo, anche se sono ritenute Sibille pure Sofia (simbolo della saggezza), Calipso (ninfa), Anna (sorella di Mosé) nonché Claudia Procula (moglie di Ponzio Pilato) (si veda la chiesa di Copăceni, nel distretto di Vâlcea). In altre parole, nell’antica cultura romena non veniva equiparata la ratio filosofica alla filosofia intuitiva–cognitiva femminile, pur notandosi che la cultura medievale cristiana riteneva ugualmente accessibile alla donna e all’uomo la salvezza nel momento del Giudizio Universale. Si riteneva, inoltre, che le Sibille avevano abilità premonitrici, che compensavano la loro castità, poiché da quest’ultimo punto di vista loro erano considerate inferiori all’uomo che procreava, in quanto rigettavano volutamente la maternità. L’iconografia delle Sibille, sagge e caste, fu sostanzialmente sviluppata nell’Europa Occidentale nel Medioevo. Le più note Sibille, nell’ambito romeno, furono Persica (raffigurata col nome Pesichia su una delle facciate della chiesa di Genuneni–Frânceşti, distretto di Vâlcea), Delfica, Ellespontica, Europea, Cimmeria, Libica, Frigia (nota nell’ambito romeno col nome Fefichia, com’è raffigurata sulla facciata della chiesa di Genuneni– Frânceşti, distretto Vâlcea) ecc. Le Sibille “romene” vengono raffigurate in età giovanile, piene di femminilità, ma altrettanto forti, dinamiche e protettrici.

– i Profeti. La raffigurazione dei profeti nell’iconografia degli affreschi esterni olteniensi è abituale (chiesa di Brădiceni–Peştişani, distretto di Gorj). Essendo figure tratte dalla letteratura sacra, i profeti vengono dipinti indossando abiti orientali, vestiti lunghi attillati, in forma di toga, portando vari oggetti rappresentativi per le loro profezie: Salomone (uno scrigno d’oro), Noè (l’arca), Gedeone (velo di lana di pecora). A volte, negli affreschi raffigurando i profeti compaiono anche alcuni giudici e re menzionati nell’Antico Testamento: Giacobbe, Davide, Abramo, e i grandi profeti Isaia, Geremia, Michele, Ezechiele – Elia ecc.

– i santi militari e martiri (ss. Giorgio, Demetrio, Teodoro Stratilat, Teodoro Tirone ed Eustachio Placido, Agapio, Procopio, Anastasio, Theodulus). La raffigurazione dei santi militari e martiri sulle facciate delle chiese della regione di Oltenia è l’espressione diretta della tradizione bizantina, la quale attribuisce ai militari–martiri compiti prevalentemente bellici (chiesa di Peşteana de Jos–Fărcăşeşti, distretto di Gorj). S. Giorgio raffigurato mentre uccide il drago è il simbolo del trionfo del bene nel confronto con il male, ma anche della vittoria contro i nemici. S. Demetrio è il difensore dei fedeli, nonché il vincitore dei nemici e degli oppressori (chiesa di Călineşti–Brezoi, distretto di Vâlcea). L’iconografia dei martiri è l’espressione della radicazione del culto della virtù del sacrificio supremo. La raffigurazione dei S. Quaranta Martiri di Sebaste è il modello ricorrente nella pittura murale romena per celebrare le virtù cristiane, la forza dell’esempio, e la fede profonda nella vita eterna. In genere, l’iconografia dei santi militari e martiri, combattenti e martirizzati (chiesa di Pleşeşti–Roşiile, distretto di Vâlcea) sembra una testimonianza della consapevolezza delle difficoltà che ogni generazione doveva affrontare, senza però abbandonare la speranza in un futuro migliore (le guerre con gli Ottomani, il movimento eterista romeno–greco–russo contro la Porta, quindi le inevitabili distruzioni causate dai fermenti bellici, hanno contribuito al radicamento di questa convinzione).

– la cinegetica e la pseudocinegetica (il cacciatore/guerriero e le scene di caccia). I romeni, abitanti di un territorio che abbondava in aree boschive, furono per secoli abili nella caccia e altrettanto capaci nel mestiere delle armi. Così, nell’iconografia degli affreschi esterni, viene raffigurato non soltanto un semplice “cacciatore”, bensì un autentico guerrigliero, abile nell’impugnare le armi e altrettanto esperto del territorio dove si muove, nella foresta, nella zona collinare o nell’area montuosa. La “cinegetica” è un tema ricorrente nella pittura murale soprattutto dell’area pedemontana della regione di Oltenia, zona altamente boschiva e ricca di selvaggina. Nei secoli XVIII–XIX, i boiari e le altre categorie sociali abbienti conservavano ancora, come simbolo di distinzione sociale, l’abitudine di organizzare battute di caccia, quindi negli affreschi delle chiese locali spesse volte sono raffigurate scene di caccia. Perché le raffigurazioni sui muri delle chiese del “cacciatore montanaro” e della “caccia” pseudocinegetica? La spiegazione consiste nella vera motivazione che ha spinto il pittore di adornare le chiese con queste rappresentazioni: il cacciatore è un simbolo della libertà e si riteneva che eccelleva in virtù condivisibili dalla massa dei fedeli. Negli affreschi esterni, le scene di caccia e le semplici raffigurazioni della cacciagione si mischiavano, quindi sono spesse volte lette erroneamente (si veda la chiesa di Neghineşti–Cacova, distretto di Vâlcea).

– l’influsso della filosofia medievale e rinascimentale, riguardante l’effimero esistere dell’uomo, si riscontra nell’emergenza e il conseguente sviluppo del tema del Thanatos nell’iconografia dei monumenti religiosi. Sui muri di numerose chiese, soprattutto nel distretto di Vâlcea, la raffigurazione della Morte consiste in un giovane ritratto con i capelli in disordine, impugnando una falce fienaia, oppure nella classica raffigurazione di uno scheletro animato che impugna lo stesso attrezzo agricolo, cavalcando un destriero che calpesta i cadaveri a terra.

– il tema del Giudizio Universale è ampiamente presente nell’iconografia delle chiese della regione di Oltenia, essendo raffigurato prevalentemente sui muri del portico, per mettere in rilievo, a causa della volumetria, l’impatto visivo e moralizzatore sui fedeli. Gli individui delle scene raffiguranti il Giudizio Universale provengono da varie categorie sociali: il chierico impenitente, il locandiere, il bottegaio, il panettiere, il calzolaio, il mugnaio, “il razziatore delle terre”, “colui che disonestamente si nutre del lavoro altrui”, la donna adultera, quella che abortisce, colui che la domenica dorme in eccesso ecc.

la Ruota della vita. Simbolo rilevante della nascita e dell’evoluzione, della maturazione seguita dalla progressiva involuzione fisica dell’uomo, la Ruota della vita raffigurata sui muri esterni dei monumenti religiosi olteniensi è l’espressione visiva del percorso ciclico della vita. La morte è sconfitta dalla vita che rinasce con ogni nuova generazione. In questa prospettiva, probabilmente la più raffinata espressione della filosofia della vita e del Thanatos sono le raffigurazioni degli orologi solari, riscontrati nel programma iconografico degli affreschi esterni della chiesa di Peşteana de Jos–Fărcăşeşti, nel distretto di Gorj.

– i ritratti votivi raffigurati inizialmente all’interno del pronao della chiesa, quindi anche sui muri esterni, sono molto importanti, poiché consentono, nel caso delle chiese della regione di Oltenia e d’altrove, di appurare l’identità del committente, dimostrando l’affermazione di un ampio programma iconografico, quindi di un’altrettanto estesa libertà di espressione artistica del pittore. I ritratti votivi, raffigurati sui muri esterni principalmente dai pittori dei distretti di Dolj e di Gorj, sono spesse volte autentiche effigie ieratiche (si vedano la chiesa di Golumbelu–Fărcaş, distretto Dolj; la chiesa di Călugăreasa–Prigoria, nello stesso distretto di Gorj; e la chiesa–eremo di Piscu Mare–Stoeneşti, nel distretto di Vâlcea).

La predilezione dei pittori di chiese, nei secoli XVIII–XIX, per l’iconografia che adoperava temi che inducevano alla riflessione moralizzatrice, ma non ignorava neanche le raffigurazioni cariche di umorismo, quadri con impatto sulla vita comune, arricchiti di didascalie in alfabeto cirillico, è determinante per la configurazione dello stile pittorico murale di quell’epoca. L’arte pittorica della decorazione esterna delle chiese nei secoli XVIII e XIX si contraddistingue per il suo narrativismo, nonché per i temi realisti che aprono alle peculiarità, all’umorismo, all’oralità, al messaggio visivo impregnato di moralismo. Così, l’attenzione del pittore riguarda la cura del dettaglio, il decorativismo, le rappresentazioni liberamente tratte da temi ricorrenti e la vivacità della policromia. In tal modo, gli affreschi esterni divengono uno specchio della mentalità, della vita quotidiana e della religiosità dei parrocchiani.